Shibari - 縛り

Shibari è il termine giapponese per “legare”.

Legare, costringere, sottomettere, inibire, rendere inermi e sottomessi alla volontà altrui. Quello del legare è uno dei giochi erotici più semplici da mettere in pratica. 

Alcune circostanze pratiche hanno favorito lo sviluppo dello shibari in Giappone. Qui, l’atto di legare fa parte della quotidianità: gli abiti tradizionali non hanno bottoni, ma sono chiusi con fasce di stoffa; l’impugnatura della katana, la tipica spada giapponese, è fatta con un nastro di tessuto legato e intrecciato; la corda è usata per delimitare le aree sacre nei templi; e l’elenco potrebbe continuare molto più a lungo…

Prima dello shibari, ci fu lo hojo-jutsu, un’arte marziale che consiste nell’immobilizzare un avversario per mezzo di una o più corde.

La corda divenne uno strumento utile per diversi scopi collegati alla cattura dei prigionieri: trasferimento di detenuti a rischio di fuga; tortura per ottenere informazioni militari da prigionieri di guerra, o confessioni da prigionieri comuni; esposizione pubblica dei malfattori come punizione. Nel popolo giapponese inizia a crearsi un nesso tra l’essere legati, l’umiliazione e la sofferenza. Allo stesso tempo, non va scordato che le aree sacre vengono cinte con una corda, e che i regali più preziosi sono decorati con nodi rituali. Quando leghiamo qualcuno, stiamo creando per quella persona  – e per noi – un’esperienza difficile, ma altrettanto appagante. 

Le antiche torture giapponesi erano molto lente. Lo scopo di questa lentezza era indurre un crollo psicologico nel prigioniero. Lo shibari moderno eredita la progressione lenta da queste tecniche spostandone le intenzioni. Oggi la lenta progressione consente alla persona legata di erotizzare la sofferenza che cresce man mano. 

Legami, empatia, eros, abbandono, responsabilità sono indissolubili… e dalle semplici corde, di juta, canapa, cotone, poliestere, foulard, cravatte, catene, filo spinato e perchè no delle corde in pelle. Pelle nera, colorata, dall’inconfondibile profumo e tatto che abbraccia in opulenti intrecci da nodi semplici.

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Scritto da Federica Tattoli